I TERMINI DI STAMPA E CONSERVAZIONE DELLE SCRITTURE CONTABILI

Autore: Robert Braga CONSERVAZIONE A NORMA Creato: 30 Marzo 2017

a cura di Robert Braga e Salvatore De Benedictis
componenti del Forum fatturazione Elettronica presso ADE – fondatori dell’associazione PROdigitale

In questi ultimi giorni si è assistito ad un proliferare di interpretazioni non uniformi circa la tempistica di stampa o conservazione dei registri IVA a seguito della modifica intervenuta ad opera dell’articolo 4 del Decreto Legge 193/2016, all’articolo 8, comma 1, DPR 322/1998 che ha modificato i termini di presentazione della dichiarazione annuale IVA anticipandoli, per l’anno 2016 al 28 febbraio 2017.

Richiamato il disposto di cui all’art.7 c.4- ter del D.L. 357/94 che testualmente recita: “a tutti gli effetti di legge, la tenuta di qualsiasi registro contabile con sistemi meccanografici è considerata regolare in difetto di trascrizione su supporti cartacei, nei termini di legge, dei dati relativi all'esercizio per il quale i termini di presentazione delle relative dichiarazioni annuali non siano scaduti da oltre tre mesi..”.

La locuzione “relativi” ivi richiamata ha innescato interpretazioni differenti per stabilire a quale dichiarazione annuale si riferissero “i dati”.
Una prima lettura della norma porterebbe a considerare quale “dichiarazione annuale” la dichiarazione IVA e, conseguentemente, a stabilire fine maggio quale termine di stampa o conservazione dei registri IVA nonché delle fatture elettroniche emesse nel corso dell’anno 2016.

In siffatta ipotesi, le conseguenze operative negli studi professionali sarebbero devastanti: immaginare di dover stampare o mandare in conservazione i registri e i documenti IVA nel mese di maggio, proprio nel vivo della stagione delle dichiarazioni dei redditi e dei bilanci. Ne deriverebbero due momenti distinti, di stampa o conservazione, in relazione al medesimo anno d’imposta comportando una parcellizzazione degli adempimenti e, di conseguenza, un maggior onere, anche economico, decisamente in controtendenza rispetto ai dichiarati intenti di semplificazione e razionalizzazione degli adempimenti declamati dal legislatore e dal governo.

Da qui la volontà, ancor prima della necessità, di fare chiarezza da parte di quei “addetti ai lavori”, i commercialisti, che tutti i giorni si trovano in prima linea per contribuire allo sviluppo del paese affiancando i proprio clienti in tutti i processi amministrativi col fine ultimo di tutela dell’interesse pubblico al quale sono chiamati. Ne è nato un documento di studio prodotto da alcune commissioni informatiche di Ordini territoriali dei Dottori Commercialisti ed Esperti contabili che ha voluto fare chiarezza sulla questione analizzando la norma richiamando accadimenti e relativi documenti di prassi risolutori di problematiche simili.

In particolare, già in occasione dell’obbligo ora abrogato di invio dell’impronta degli archivi informatici conservati digitalmente (art. 5 del D.M. 23/1/2004) l’Agenzia entrate si pronunciò su un problema similare che gli addetti ai lavori si trovarono ad affrontare nell’ipotesi di esercizio non coincidente con l’anno solare, posto che all’epoca i termini di presentazione delle varie dichiarazioni era unificato al 30 settembre. La Circolare 5/E del 29 febbraio 2012 affrontò il problema con un esempio semplificatore unificando nell’unica scadenza dei tre mesi dalla presentazione della dichiarazione dei redditi tutti i documenti sia rilevanti ai fini IVA sia delle II.DD..

Non solo, lo stesso art 39 c.3 del testo unico IVA prevede che i registri, i bollettari, gli schedari e i tabulati, nonché le fatture, le bollette doganali e gli altri documenti previsti dal DPR 633/1972, debbano essere conservati a norma dell'articolo 22 del DPR 600/1973, intitolato “tenuta e conservazione delle scritture contabili” che a sua volta richiama l’art.14 il quale sancisce che gli imprenditori commerciali di cui al primo comma dell'art. 13 debbano in ogni caso tenere: a) il libro giornale e il libro degli inventari; b) i registri prescritti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto”. E’ dunque lo stesso sistema legislativo che prevede una esplicita attrazione della documentazione prevista dalla normativa IVA alle norme in tema di accertamento delle imposte sui redditi. Ecco che allora, pur nella confusione generata dalle recenti vicende legislative, appare chiaro e plausibile che i termini per la stampa e conservazione della documentazione prodotta ai fini IVA possa avvenire entro lo stesso termine previsto per le scritture in materia di imposte dirette.


Da ultimo il documento riprende quanto chiarito dall’AdE con propria circolare n. 207/E del 16 novembre 2000 che al paragrafo 1.1.3 titolato, “Tenuta dei registri contabili con sistemi meccanografici”, testualmente riporta: “Ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge in esame, i registri contabili tenuti con sistemi meccanografici si considerano regolari, pur in difetto della trascrizione su supporti cartacei, sino al momento di scadenza dei termini per la presentazione delle relative dichiarazioni dei redditi.

Un riferimento diretto, quindi, alle dichiarazioni dei redditi comprovante la regolarità di tenuta dei registri contabili meccanografici anche nel caso in cui i termini di presentazione della dichiarazione IVA risultano disallineati rispetto alla dichiarazione dei redditi e come in effetti accadeva nell’anno 2000.

Sulla base delle predette argomentazioni, il dies a quo a partire dal quale decorrono i tre mesi di cui al citato articolo 7, comma 4-ter, D.L. 357/1994 per la stampa/conservazione dei registri e documenti rilevanti ai fini IVA è da considerarsi “unificato” con quello di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Ma in un periodo in cui tutti i contribuenti sono oramai obbligati a trasmettere i dati delle fatture emesse e ricevute (ex art. 21 D.L. 78/2010) e i dati delle liquidazioni periodiche (ex art.21-bis del D.L. 78/2010), non possiamo fare a meno di chiederci perché il legislatore non abbia pensato di sopprimere l’obbligo di presentazione delle dichiarazione annuale IVA e, eventualmente, far confluire – se proprio fosse necessario - i dati non contenuti nelle dichiarazioni ex artt. 21 e 21-bis nella dichiarazione dei redditi. Così come ci si pone un ultimo quesito: perché sussiste ancora l’obbligo di tenuta e conservazione dei registri IVA, visto che questi sono sostanzialmente riproducibili dai dati trasmessi e a disposizione dell’Agenzia delle Entrate in ossequio alle predette norme?



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