LA COMUNICAZIONE DEL LUOGO DI CONSERVAZIONE DELLE SCRITTURE CONTABILI “DIGITALI”
L’obbligo di fatturazione elettronica imposto ai circa due milioni di fornitori della Pubblica Amministrazione ha portato gli addetti ai lavori, commercialisti in primis, a porsi alcuni quesiti operativi in merito al comportamento da adottare ora che il documento trattato non è più analogico (cartaceo) ma digitale.
Uno tra questi riguarda l’eventuale obbligo di comunicazione del luogo di conservazione dei documenti informatici.
L’art. 5 c.2 del DM 17 giugno 2014, infatti, prevede che in caso di verifiche, controlli o ispezioni, il documento informatico è reso leggibile presso la sede del contribuente ovvero presso il luogo di conservazione delle scritture dichiarato ai sensi dell’art. 35, c.2, lett.d), del DPR 633/72. Quest’ultimo stabilisce che dalla dichiarazione di inizio attività devono risultare il luogo o i luoghi in cui sono tenuti e conservati i libri, i registri, le scritture e i documenti a rilevanza tributaria.
Occorre innanzitutto prendere atto del momento storico in cui furono emanate le norme per esigenze che, oggi e ancor più in futuro con l’avvento della digitalizzazione, appaiono ingiustificate e penalizzanti.
Ad esempio, l’esigenza di immediatezza nella consegna dei documenti o del loro reperimento rappresentava il rimedio alla possibile contraffazione degli stessi, piuttosto che alla loro generazione tardiva. La mancata consegna delle scritture contabili avrebbe potuto rappresentare un ostacolo all’attività di controllo, quando non già di per sé il presupposto per un accertamento per omessa tenuta delle scritture contabili.
Nell’era digitale, quando per conservare a norma libri, registri e documenti occorre apporre anche una marca temporale (e quindi storicizzare in un ben preciso istante la generazione di un file) lo spirito della norma perde di significato. Non è certo possibile - ammesso che potesse accadere con la carta - sistemare tardivamente le scritture: o ci sono o non esistono.
Fatta questa premessa, anche da una lettura degli artt. 52 e 39 (ultimo comma) del DPR 633/72 nei quali è previsto che (art.52) l'ispezione documentale si estende a tutti i libri, registri, documenti e scritture … che si trovano nei locali in cui l'accesso viene eseguito, o che sono comunque accessibili tramite apparecchiature informatiche installate in detti locali e che (art.39) chiunque detenga le scritture contabili, dovrà preoccuparsi di garantire l’accessibilità al dato e, quindi, la disponibilità oltre che l’autenticità, l’integrità e la leggibilità, pare che il legislatore abbia posto la giusta importanza sulla veridicità del documento conservato (ad esempio le fatture elettroniche) piuttosto che sul luogo in cui sono effettivamente conservate.
La stessa Circolare n.18/E del 24 giugno 2014 (pag.13) si è interessata all’argomento andando a chiarire il comportamento che deve adottare il contribuente quando le fatture sono conservate all’estero; infatti allo scopo di permettere all’Amministrazione finanziaria di accedere ai documenti e acquisirli anche per via elettronica il soggetto passivo IVA deve:
a) ai fini della comunicazione del luogo di conservazione elettronica dei documenti fiscalmente rilevanti, deve riportare nei modelli di comunicazione AA7 e AA9, nel rispetto dei termini previsti dall’articolo 35 del D.P.R. n. 633 del 1972, gli estremi identificativi dei luoghi di giacenza fisica dei server dove sono conservati i documenti, anche se essi risiedono all’estero;
b) ai fini dell’esibizione, deve assicurare l’accesso automatizzato all’archivio, con ogni mezzo, in qualsiasi momento e dalla sede dove è effettuato il controllo ai sensi dell’articolo 52 del D.P.R. n. 633 del 1972.
Gli stessi modelli di dichiarazione di inizio attività, variazione e cessazione (AA7 e AA9) prevedono una sezione ad hoc per il caso di specie.
L’Agenzia delle Entrate ha però lasciato qualche dubbio interpretativo quando ha scritto (come sopra indicato) anche se essi risiedono all’estero. Tale affermazione ha infatti destato particolare attenzione da parte degli operatori ed in dottrina sono segnalate alcune interpretazioni anche discordanti tra loro in merito all’obbligatorietà ed opportunità di indicare il luogo fisico di conservazione dei documenti digitali, quale le fatture elettroniche.
La soluzione non è per niente chiara e di difficile applicazione soprattutto ora che le contabilità possono essere tenute direttamente in cloud e non più nei server aziendali o di studio e che, quindi, i dati potrebbero essere dislocati, anche contemporaneamente, su più server o, trasferiti dal fornitore del servizio da un server ad un altro per motivi di sicurezza e di backup, all’insaputa del contribuente, ovvero di colui che ha l’onere di comunicare la variazione del luogo di tenuta delle scritture. Un adempimento risultante alquanto oneroso ed impraticabile.
Quindi, se dubbi non ce ne sono con le fatture conservate all’estero, negli altri casi l’obbligo di indicare il luogo fisico di conservazione pare affievolirsi; il contribuente potrebbe addirittura tenere copia dei dati conservati presso la propria sede risolvendo all’origine qualsiasi dubbio circa il luogo di conservazione delle scritture contabili. Parimenti nel caso in cui a detenere le scritture contabili sia il commercialista.
Un chiarimento definitivo da parte dell’Agenzia delle Entrate è senza dubbio opportuno anche alla luce del nuovo schema di decreto legislativo in materia di fatturazione elettronica e di trasmissione telematica dei corrispettivi dello scorso 21 aprile del quale la Commissione Finanze e tesoro del Senato in data 11 giugno ha espresso il proprio parere positivo chiedendo ulteriori incentivi all’adozione, rilevando la necessità di un “forte sostegno tecnologico pubblico rispetto al funzionamento dei meccanismi telematici previsti dallo schema di decreto” tra i quali il servizio di conservazione gratuita delle fatture a specifiche categorie di soggetti passivi. Se l’Agenzia delle Entrate fornirà la conservazione gratuita di tutte le fatture elettroniche l’adempimento de quo perderà sicuramente di significato.